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Per primo parliamo del dipingere. E' un processo che per me nasce

naturale dall’osservazione dell’ambiente e dalla spinta a riprodurre

secondo l’interpretazione del mio occhio. Dove alcune linee, un colore

o la forma mi colpiscono là nasce l’idea di un quadro. Non si tratta

solo di ciò che l’occhio concretamente vede ma anche di ciò che quella

particolare visione suscita nel mondo interiore.

 

I quadri che riproducono i luoghi in cui vivo non sono solo rappresentazioni della realtà ma sono racconti di pensieri, emozioni, percezioni, ricordi, desideri, lutti, perdite, acquisizioni, traguardi, amori. Un gruppo di case abbarbicate alla montagna mi ricorda le costruzioni in legno con cui amavo giocare da bambina.

Nei quadri in cui riproduco questi borghi giacciono non solo l’amore e la passione per l’ambiente in cui vivo ma anche tutto quell’infantile piacere di porre un pezzo sull’altro per creare ambienti vivibili all’immaginazione là dove prima esistevano solo parallelepipedi nudi e crudi, Tutto il gusto del più libero gioco bambino e tutta la soddisfazione del portare ordine dove prima c’era caos.

Uno scorcio con le linee che convergono, si allontanano, si incrociano, mi offre ritmi silenziosi che posso riportare sulla tela per farne risuonare ancora meglio la vibrazione e raccontarla a chi guarda. Raccontare…

Raccontare cosa vedo, cosa mi risuona osservando la realtà è forse il motivo primo e ultimo del mio bisogno di dipingere. La parola detta non mi è facile, troppo spesso il mio profondo è come muto: vibra, risuona, percepisce ma non sa dire. Allora lì può e deve nascere un quadro, linguaggio non linguaggio, linguaggio per immagini che canta una canzone interiore che solo così posso cantare.

Piccolo o grande che sia un quadro è un racconto ben più dettagliato di quanto appare ad un primo sguardo. Ogni scelta di linea, colore, forma è allegoria di una parte intima di chi l’ha dipinto, è un dono di sé che l’autore offre a chi sa leggere, ascoltare, entrare in risonanza attingendo al proprio io più profondo.

 

Come persona sento quindi, direi quasi fisicamente, la necessità di esprimermi attraverso il fare, di manipolare materiali e trasformarli, di portare fuori una visione interiore attraverso le più svariate forme creative. E questo spiega la prima parte del mio percorso, quella artistica.

In seguito, insegnando ho appreso molto, ascoltandoli, dai miei allievi. Ho compreso che i nostri sentimenti, le nostre emozioni, i nostri pensieri, vengono incoraggiati a mostrarsi proprio tramite il fare, che il fare creativo è espressione dei nostri stati interni, il manufatto è una parte, un’immagine, di noi stessi in un certo momento e in un certo luogo.

 

Tutti, chi più chi meno, abbiamo bisogno di esprimerci in questo modo: il fare creativo, il fare arte. Arte intesa in senso molto ampio, dal ghirigoro al quadro, dal pongo al collage, dalla modellazione di argilla alla scrittura, alla musica, qualsiasi forma di creatività ci attragga e ci chiami in un determinato momento. Arte di qualsiasi genere, arte del fare con le mani e con la testa e con il cuore. In particolare abbiamo necessità di uno spazio in cui la creazione sia resa possibile da un ambiente incoraggiante e accogliente. Da qui è allora scaturita la mia scelta di percorrere il sentiero per diventare arte terapeuta.

 

Per capire meglio me stessa e le persone con cui lavoro, nel nostro fare, nel nostro creare. Cosa serve, cosa fa bene, e cosa non fa bene. Per migliorare la qualità della mia vita e della mia arte e, se mi sarà concesso, aiutare altri in questo stesso percorso.

Patrizia di artinValle

arte e arte terapia

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